venerdì 28 settembre 2007

Controcorrente

Maglietta rossa la trionferà? Parliamoci chiaro, se i media ufficiali non avessero deciso, nella loro magnanimità e su commissione dei loro padroni, di renderci partecipi della tragedia della Birmania (che cazzo è il Myanmar, io continuo a chiamarla Birmania) e dei monaci buddisti, tralasciando momentaneamente le cronache delle mollezze dei VIP, avremmo mai potuto partecipare a questa campagna di solidarietà?
Se avessero deciso, come ho fatto notare l’altro ieri, di oscurare i fatti come fanno regolarmente con le notizie dalla Palestina, dalla Somalia o dal Darfur, tanto per fare degli esempi, avremmo continuato a non sapere nemmeno dove fosse ‘sta cippa di paese e francamente avrebbe continuato a non potercene fregare di meno del suo destino.

Ho letto una bellissima analisi della situazione politica in quella regione in un commento firmato da Riccardo al post di Cloro di oggi.
Riassumendo, la Birmania è un paese ricchissimo di risorse energetiche che attualmente orbita attorno alla sfera di influenza cino-russa. Tutto questo improvviso amore dell’Impero per i monaci buddisti, (pensiamo a quanto sono rimasti inascoltati i loro fratelli tibetani quando la Cina era da tenersi buona), puzza di pesce marcio. Come dice Riccardo, le risorse birmane fanno gola agli Stati Uniti ed ecco che invece di parlar chiaro e di dire chiaramente che quelle devono andare a noi e non alla Cina, si tirano in ballo i diritti civili e la democrazia. A questo punto di solito a me viene da vomitare.

Sembra impossibile ma l'ipocrisia puzza ancor di più del pesce marcio.
Che bello sentir parlare con quei toni sdegnati di repressione poliziesca sui dimostranti, quando a volte gli stessi in altre parti del mondo vengono chiamati terroristi e manganellati senza pietà.
Certo questi militari di merda sparano di brutto sui dimostranti e non c’è paragone in termini di vittime con situazioni tipo Genova 2001 ma comunque i molti pesi e le svariate misure di cui scopriamo ogni giorno l’esistenza fanno sorridere amaramente.

Come mi solleva leggere che il governo giapponese ha giustamente protestato per l’uccisione del reporter Kenji Nagai. Mi auguro per la sua famiglia che non finisca come per un altro fotoreporter, il nostro Raffaele Ciriello, che venne ucciso a Ramallah il 13 marzo 2002 da cinque proiettili 7.62 Nato in dotazione all'esercito israeliano, per le mitragliatrici coassiali montate sui carri armati Merlava. Ucciso per sbaglio, inchiesta archiviata, nessun risarcimento. L’Italia non capisce ma si adegua.

Mi consola anche sentir lodare dal più grosso guerrafondaio del mondo il pacifismo buddista. Non so se sia perché i monaci sono dimostranti ideali che si fanno sparare addosso che è una meraviglia, oppure perché dopo tante lacrime sulla spalla di Dio e tanti iracheni spiaccicati, Dabliu si sta veramente convertendo alla mitezza francescana. Io continuo a sentire puzza di marcio.

Cambierà qualcosa in Birmania se ci mettiamo la maglietta rossa? Io credo proprio di no. In questo caso è la vita che imita Beppe Grillo ma questo vaffaday organizzato mediaticamente come un’operazione di marketing virale e che ci ha fatto scattare tutti sull’attenti come tanti soldatini, segno che il potere dei media mainstream è ancora troppo forte, finirà come è finita per la rivoluzione taroccata rumena e quella alla diossina di Kiev.
Dopo i fatti di piazza Tien Am Men la Cina è diventata quasi culo e camicia con l’Occidente. Dozzine di dittature sudamericane hanno fatto il bello ed il cattivo tempo con decine di migliaia di morti per anni, perfino con la benedizione del Santo Subito.

La maglietta che ci hanno fatto indossare oggi è rossa per non far vedere il sangue che scorre in altre parti del mondo, non altrettanto alla moda della Birmania petrolifera. Paesi dove la gente può anche crepare tanto non ce lo faranno mai sapere.
Non è da escludere l’ipotesi che quando all’Impero converrà rimettere la sordina sugli avvenimenti che non sono più di immediato interesse, della Birmania non ne sentiremo più parlare e sarà stato molto rumore per nulla.
Per questo io la maglietta non la indosso, nonostante ovviamente tutta la mia solidarietà vada a chi vive ed è perseguitato sotto il regime repressivo birmano.

giovedì 27 settembre 2007

L'ebreo nazista

Le notizie dell’arresto di un gruppo di neonazisti in Israele mi ha fatto ritornare in mente quel bellissimo film che è “The Believer”, di Henry Bean. Un film che è stato ruminato dal suo autore per vent’anni prima di essere realizzato e che gli è costato poi l’ostracismo degli ottusi uniti di tutto il mondo e anche di parte della sua comunità di nascita, quella ebraica. Un film senza paura che è forte ed oltraggioso come una sonora bestemmia.

Quando i giornali hanno parlato dei neonazi israeliani è stato un coro di “incredibile" e "non è possibile”, le varie informazioni corrette hanno detto che erano quattro gatti, che erano russi (ognuno ha i suoi rumeni) e forse nemmeno tanto ebrei, il che metterebbe a posto ogni cosa.
Invece pare che uno di loro, ex ufficiale dell’esercito Tsahal, avesse collaborato con lo Shin Bet, il servizio interno. Si divertivano a perseguitare i soliti diversi, gli “omosessuali depravati”, i “puzzolenti immigrati asiatici”, la “feccia drogata” e gli stessi ebrei ortodossi.

Perché stupirsi che anche in Israele possa allignare il razzismo? Non si rimane un poco perplessi del resto leggendo sui siti israeliani gli annunci di incontri per single “Jewish Only”, per soli ebrei?
Non è curioso che una società che dà evidentemente tanta importanza al sangue si stupisca della presenza nel suo tessuto di una neoplasia razzista? E non abbiamo nemmeno accennato alla questione con i palestinesi e il mondo arabo.

Il razzismo è una malattia dell’Essere Umano e dato che gli ebrei non sono diversi dagli altri anche loro possono esserne contagiati. E’ un ossimoro il fatto che un ebreo possa essere razzista e perfino nazista? In quel momento esprime solo un lato della sua debolezza umana e per giunta esiste anche un qualcosa che in psicoanalisi si chiama identificazione con l’aggressore ma non divaghiamo.
La Shoah non ha funzionato purtroppo come vaccino contro l’intolleranza. Come per i cristiani che furono perseguitati e uccisi ma ciò non impedì loro poi di perseguitare a loro volta altri credenti nei Secoli successivi. Veniamo tutti dallo stesso stampo difettoso e gli errori si ripetono in un loop infinito.



"The Believer è un film su uno di questi “ossimori” viventi. Il protagonista, Daniel Balint, interpretato da uno stratosferico Ryan Gosling, è un neonazista antisemita che va in giro per New York rasato e con una plateale maglietta decorata con la svastica. Si accompagna ad una bella congrega di tipiche palle-di-lardo nazipelate americane, ma è lui stesso ebreo.
In realtà la sua è una rivolta contro Dio ed il suo stesso popolo, che accusa di debolezza. Danny si propone come la bestemmia vivente. E’ troppo intelligente, lo dimostrano i flashback sui suoi battibecchi con il rabbino a scuola ed è lui stesso a denunciare la pericolosità dell’intelligenza, attribuendola alla sua origine ebraica. La sua dannazione è il non saper uscire dalla contraddizione. Il non riuscire a non sentirsi intimamente oltraggiato dallo sfregio alla sinagoga, compiuto assieme ai suoi compari.

Informazione Corretta direbbe che questo è un filmaccio su un ebreo che odia se stesso zeppo di oscenità antisemite. La cosa affascinante invece è cercare di capire i motivi di questo odio che a ben guardare è solo angosciante disperazione di vivere e, se si guarda ancora più in profondità, stando attenti a non farci guardare dall’abisso, è invece un lacerante grido d’amore.

martedì 25 settembre 2007

Fumi? BigPharma ti lava il cervello con la vareniclina.

Ogni anno BigPharma lancia sul mercato sottostante una nuova miracolosa pillola contro il fumo. Dopo il bupropione (Zyban), contestato a causa dei pesanti effetti collaterali, ecco la vareniclina, il Champix.

Il meccanismo di azione della vareniclina è semplice. La sua molecola è un parziale agonista del recettore nicotinico alfa4-beta2, normalmente preposto a legarsi appunto alle molecole di nicotina. Se i recettori sono liberi reclamano nicotina, se sono occupati dalla vareniclina niente sindrome da astinenza. E’ una spiegazione bovina e spero che nessun chimico mi stia leggendo. In quel caso mi “corigerà”.
C’è già chi parla di meccanismo comune per tutte le dipendenze e quindi basterebbe somministrare la pillola apposita che vada ad occupare i recettori della sostanza dopante per azzerarne l’effetto.

Per provare a smettere di fumare grazie alla vareniclina bisogna assumerne 2 mg al giorno per 12 settimane al costo non indifferente di circa 750,00 euro.
Va bene ma funziona? Come riporta questo articolo:

L’efficacia della Vareniclina è stata valutata in 2 studi clinici controllati con placebo in circa 2000 fumatori.
Questi soggetti sono stati assegnati a ricevere Vareniclina 1 mg due volte al giorno, Bupropione 150 mg 2 volte al giorno, o placebo, per 12 settimane.
Il periodo osservazionale è stato di 40 settimane ( senza trattamento).
Il 44% dei pazienti trattati con Vareniclina hanno smesso di fumare alla fine del periodo di trattamento di 12 settimane, contro il 30% dei pazienti che hanno smesso dopo aver assunto Bupropione ed il 18% di quelli trattati con placebo.
Dopo 1 anno, i pazienti che hanno ricevuto Vareniclina presentavano una maggiore probabilità di rimanere liberi dal fumo rispetto ai pazienti che hanno ricevuto Bupropione oppure placebo.

In un terzo studio, i pazienti sono stati trattati con Vareniclina per 12 settimane, e, successivamente, sono stati assegnati in modo casuale a placebo o a Vareniclina per altre 12 settimane.
Questi pazienti sono stati seguiti per 28 settimane dopo il trattamento.
Il 71% dei soggetti che hanno assunto Vareniclina erano liberi dal fumo dopo 6 mesi, rispetto al 50% del placebo. ( Xagena_2006)
Quando leggo queste statistiche penso sempre malignamente che il 56% del campione del primo studio NON HA SMESSO di fumare (sempre meglio comunque del 70% di flop del bupropione).
Accenniamo solo agli effetti collaterali di questo farmaco: ben il 30 per cento dei pazienti trattati ha riportato nausea e incubi spaventosi.
Il gioco vale la candela, che in questo caso è tra l’altro molto costosa? Secondo me no, perché la mia domanda è: se smetto di prendere la pillola e non ho fatto un lavoro psicologico sulla motivazione a smettere di fumare cosa succede? Che ricomincio.
Senza contare che sostituire la dipendenza dalle droghe con la dipendenza dai farmaci è un controsenso. Chi mi garantisce infatti che qualcuno non smetterà più di prendere il farmaco, con conseguenze imprevedibili, per paura di ricominciare a fumare?

Date retta a me. Continuano a ripetervi che smettere è quasi impossibile e che lo potete fare solo con queste pillole che costano una cifra e che non si sa nemmeno se fanno più male che bene.
Non è vero che non si può smettere. Smettere è una cosa che possono fare tutti, forti fumatori e fumatori modici. La nicotina crea la stessa dipendenza anche in chi fuma tre sigarette al giorno.

Il segreto per liberarsi da questa dipendenza è ricominciare ad amarsi, a corteggiarsi e una volta che avremo capito che la nostra salute è la cosa che più ci preme, per amore di noi stessi faremo il sacrificio di sopportare la scimmia dei primi tre giorni. Tre giorni e basta.
Poi piano piano la nicotina se ne va, ci si disintossica, rimane il condizionamento mentale ma l’amore sconfigge ogni male e se vi amate veramente non proverete più desiderio di fumare.

Prima di smettere scrivete su un cartello i motivi per i quali vi piacerebbe smettere. Vi sorprenderete di quanti riuscirete a trovarne. Quando sarà passato il primo periodo e sarete più sicuri di voi preparate un altro cartello sul quale scriverete: “Non fumerò mai più, nemmeno se subirò dei lutti, se perderò il lavoro e mi ammalerò”. Fatene una questione d'onore con voi stessi. Prendete il pacchetto che avete tenuto da parte, scendete in strada e gettatelo nel cassonetto.
Se non vi fidate di me, che ce l’ho fatta a smettere dopo quasi trent’anni di dipendenza con una facilità che mi ha stupito, lasciate perdere le pillole e investite 10 miseri euro per leggere il libro di Allen Carr “È facile smettere di fumare, se sai come farlo”. E’ un concentrato di banalità, è vero, ma funziona maledettamente perché ti lava il cervello. Non con la vareniclina ma con una buona dose di autostima e amore per noi stessi. Leggetelo sia che abbiate voglia di smettere e cercate un aiuto per farlo sia che pensiate che sono una vecchia rompicoglioni che la mena contro il fumo. Scommettiamo che riuscirà a far smettere anche voi?


Per chi fosse interessato all'altro farmaco antifumo, il bupropione, ripubblico qui di seguito l'articolo che gli dedicai l'anno scorso. Chi lo conosce già può risparmiarsi la fatica di leggerlo. Lo consiglio comunque a coloro che pensano che prendere una pillola sia la panacea di tutti i mali e la strada più conveniente per smettere di fumare. Conveniente lo è per BigPharma, senza dubbio.

C'era una volta, nel grande paese di BigPharma, una pillolina bianca dal nome importante: Bupropione. Questa molecola era stata creata per curare la depressione, ma dato che non era efficace come le sue sorelle Fluoxetina e Paroxetina e anzi sembrava fare più male che bene, era stata dimenticata in un angolo della grande fabbrica di medicinali.

Il bupropione cloridrato era stato approvato negli Stati Uniti nel 1989 come antidepressivo atipico di II generazione con il nome commerciale Wellbutrin ma il suo utilizzo causò molti problemi, dal rischio di convulsioni al possibile aumento di casi di suicidio negli adolescenti, e allora fu accantonato a favore di farmaci meno potenzialmente dannosi.

Dieci anni dopo, qualcuno si ricorda che il bupropione cloridrato sembra ridurre considerevolmente il desiderio di fumare nei fumatori che lo assumono come antidepressivo, anche se non si sa né come né perchè. Al bupropione viene cambiato il nome commerciale: Zyban, Quomen, Corzen, e viene lanciato in pompa magna come la nuova pillola della felicità che ti permette di smettere di fumare senza soffrire l'astinenza, senza sbattere le testa contro il muro e fare a pugni con la scimmia.

Già, ma se un farmaco specifico per la depressione ha provocato importanti reazioni avverse, dalle reazioni cutanee a quelle neurologiche, psichiatriche e cardiache e forse perfino la morte in una piccola popolazione di malati, cosa succederebbe se venisse impiegato su larga scala, cioè su milioni di fumatori nel mondo? E' normale immettere sul mercato un farmaco il cui meccanismo di azione non è spiegato? E poi funziona veramente?

Il bupropione, anche dopo la sua mutazione da antidepressivo puro a pillola per smettere di fumare ha continuato a produrre importanti effetti collaterali; 921 casi di reazioni avverse riportate in Australia nel 2000, 3457 casi in Gran Bretagna nel 2001 tra cui 18 casi di morte sospetta per suicidio. Nel 2004 il farmaco era sotto controllo da parte delle Autorità Sanitarie francesi a causa dei sui possibili effetti collaterali (ancora convulsioni, istinti suicidi, insonnia ed allergie).

In alcuni paesi, come l'Australia, il farmaco è stato incluso tra i farmaci rimborsabili, ed è stato oggetto di 500.000 prescrizioni fin dal 2001, costando al governo federale 66 milioni di dollari. Uno studio successivo aveva messo in dubbio la reale efficacia del bupropione per la cessazione del fumo e il Pharmaceutical Benefits Advisory Committee aveva proposto di poter ottenere una prescrizione del farmaco solo dopo il parere di due medici (cioè solo dopo un secondo parere): la Glaxo, detentrice del brevetto sul farmaco, ha intrapreso un'azione legale sostenendo che il Pharmaceutical Benefits Advisory Committee non ha l'autorità di fare cambiamenti una volta inserito un farmaco tra quelli rimborsabili.

Meno male che in Italia è stato approvato nel 2000 non come antidepressivo ma come farmaco per smettere di fumare in fascia C non rimborsabile. Certo, la pillola è un pò caruccia, 180 euro alla confezione, ma vuoi mettere la soddisfazione di riuscire a smettere di fumare senza fatica, dicono? Molte ASL stanno utilizzando il bupropione nei programmi terapeutici di disintossicazione dal fumo. Il "bugiardino" è stato aggiornato includendo nuove controindicazioni, il che di solito indica che il farmaco è sotto osservazione in farmacovigilanza.

L'efficacia del bupropione è modesta: secondo uno studio, non più del 30% di persone che lo hanno utilizzato per 7 settimane continua a non fumare dopo un anno. Il che vuol dire che sul 70% è inefficace. Non esiste alcuna dimostrazione che i sintomi depressivi che chi smette di fumare può provare siano dovuti ai meccanismi conosciuti che innescano la malattia depressione. E chi smette di fumare può riuscirci perchè utilizza meccanismi mentali che vanno dalla forte motivazione alla forza di volontà.

Quindi, perchè utilizzare alla leggera, magari con solo la prescrizione del medico di base e non di uno psichiatra, un farmaco così controverso, che possiamo perfino acquistare contraffatto online?

Quando un farmaco registra numerosi effetti collaterali gravi, il mantra delle case farmaceutiche è noto: "non è dimostrato". In questo caso specifico aggiungono che: "i fumatori sarebbero morti lo stesso", "sempre meglio qualche morto in più che i milioni di fumatori schiattati per le sigarette".

Rimane il fatto che hanno riciclato un prodotto scadente con una pura operazione di marketing e che, dovesse andare male come pillola contro il fumo, cominciano ad apparire studi nei quali lo si propone come farmaco ideale per dimagrire!
L'ennesima mutazione genetica pronta per l'uso e con un bacino di utenza ancora più smisurato. Tanto si sa che gli obesi sarebbero morti lo stesso.

lunedì 24 settembre 2007

La Sacra Famiglia Unita

Una leonessa nella savana con i suoi piccoli. Arriva un maschio dominante che, approfittando di una momentanea assenza della madre, ammazza senza tante storie i leoncini. La leonessa, privata dei piccoli, va subito in estro e si accoppia con il nuovo arrivato infanticida, con il quale potrà concepire dei piccoli ancora più forti ed adatti alla sopravvivenza.
Tra i topi è ancora peggio. Si introduce nella gabbia di una famigliola un maschio dominante, che immediatamente punta ai piccoli per poter poi avere campo libero con la femmina. Se il compagno della madre reagisce e lotta contro l’invasore la femmina lo aiuta a sconfiggerlo. Se il compagno batte in ritirata e si mostra codardo lei si allea con il nuovo arrivato ed attaccano assieme tutti gli altri. Il compagno muore, i piccoli subiscono l’infanticidio e la nuova coppia è formata. Le meraviglie della natura.
State tranquilli, Quark è finito. Ho fatto questo cappellotto iniziale per far capire che, per orrendo che sia, l'infanticidio è un fenomeno comunissimo in natura tra i nostri fratelli mammiferi.

Ogni volta che un bambino viene ucciso dai genitori nella specie uomo invece, soprattutto se la responsabile è molto probabilmente la madre, si cerca di negarne anche solo l'idea. "Come è possibile che una madre possa uccidere un figlio", ripetono i cronisti aggrottando le sopracciglia. Sarà stato sicuramente un estraneo, un pedofilo, un mostro, l’Uomo Nero delle favole, gli zingari.
L'ipotesi materna è la più ovvia, eppure non riusciamo ad accettarla nonostante il detto "ti ho fatto e ti disfo" che ci siamo sentiti ripetere mille volte da bambini.

Il caso di Maddie, la bambina inglese scomparsa in Algarve, assomiglia ogni giorno di più al caso di Cogne. Anche qui qualche ammissione di una madre esasperata dalla “vivacità” della figlia. Là era Samuele che piangeva troppo. Anche in questo caso, mobilitazione generale in favore dei genitori accusati, famosi avvocati scomodati, addirittura un miliardario che inaugura il filone della pubblicità necrofila offrendo una grossa somma ai sospetti.
La società borghese ogni volta fa quadrato contro l’idea dell’infanticidio genitoriale.
Come nel caso da manuale di criminologia di JonBenét Ramsey, una povera bambina che la madre agghindava come una mostriciattola in rossetto e tacchi alti e iscriveva ai concorsi per le piccole miss.

Un giorno JonBenét, sei anni, sparì e i suoi ne denunciarono il rapimento sventolando una lettera di riscatto che si rivelò poi falsa. Il corpo della bimba fu ritrovato pochi giorni dopo, strangolato, in cantina. Un caso oscuro che scandalizzò l'America, dove la madre fu accusata di aver soppresso la piccola solo perché aveva fatto la pipì a letto ma dove c’era anche l’ombra della pedofilia familiare.

Tutti questi casi rimangono generalmente insoluti, nonostante gli indizi e le somiglianze tra di loro conducano alla stessa ipotesi: infanticidio domestico.
Questa incapacità degli inquirenti di incastrare i colpevoli nasconde forse una volontà di rimozione. Uccidere un bambino se siamo benestanti e felici, perché mai? Può la società accettarlo? No, e allora si montano le campagne di stampa, le puntate di Porta a Porta, le partite tra innocentisti e colpevolisti dove gli innocentisti sono pronti a mettere la mano sul fuoco.

Tutto per paura che la Sacra Famiglia Unita venga ricondotta alla sua brutale origine naturale. Se ammazzano i piccoli i genitori topi lo fanno anche gli esseri umani che vivono nel Mulino Bianco ma non lo si deve dire.
Con la differenza che nel topo non c’è mai il futile motivo come movente. La donna può invece spaccare la testa al figlio perché non sopporta più il suo pianto o perché ha disturbato il suo sonno con la piscia a letto, o perché quella troietta è una rivale.
Si tratta spessissimo di famiglie borghesi, normali, perbene, tutto virgolettato. Questi delitti, che si vorrebbero lombrosianamente limitare alle realtà promiscue delle periferie degradate e delle favelas, dove per carità accadono ma senza che nessuno si meravigli che accadano, si compiono invece anche tra i morbidi piumoni di oca e nelle linde casette di montagna o del mare.

Eppure viviamo in un mondo dove l’infanticidio, soprattutto quello femminile, è tuttora pratica anticoncezionale ben più discutibile dell’aborto di un embrione.
La nostra civiltà occidentale che ha tra i suoi miti Medea, ha visto riconoscere solo di recente come valori l’amore ed il rispetto per i bambini. Veniamo da secoli di quella che la psicologa Alice Miller ha definito “pedagogia nera”, dove il bambino era una cosa della quale disporre a nostro piacimento.
Nel Seicento esistevano trattati modernissimi di veterinaria equina ma nessuno di pediatria. Ai bambini non ci si doveva affezionare perché potevano morire da un momento all’altro. I deformi, i deficienti e i poveri di spirito se morivano era meglio, se no si tenevano nascosti. Nella realtà contadina del nord Italia, si annotava sul libro del fattore: “morto Peppino”, “morto Luigino”, come puri dati statistici.
Il lutto per la morte dei figli risale appena al tardo Settecento quando inizia ad essere trattato in letteratura, in poesia e in musica. E’ solo nell’Ottocento e nel Novecento che si arriva a "l'albero a cui tendevi la pargoletta mano” di Carducci*, ai “Kindertotenlieder” di Gustav Mahler, ed al “Concerto in memoria di un angelo” di Alban Berg, solo per fare alcuni dei massimi esempi di lutto filiale sublimato in forma artistica.

La società che provoca l’alienazione benestante non tollera le deroghe bestiali al suo interno ma paradossalmente attribuisce alla donna un istinto materno che istinto, cioè dotazione di default, non è. Meglio sarebbe chiamarla pulsione materna per renderla più umana e prendere atto che nella nostra specie i figli possono essere soppressi tranquillamente perchè ci danno noia, invece di credere che il male provenga dall’Uomo Nero o da una proteiforme entità aliena.

Udpate. Il mio rigetto viscerale per la poesia mi aveva fatto erroneamente attribuire "la pargoletta mano" a Pascoli invece che al Carducci. Meno male che su Vivereacomo qualcuno ha nitrito a mo' di cavallina storna e mi ha indicato l'errore.

sabato 22 settembre 2007

La difesa della mazza

In un universo tangente alla Donnie Darko nel quale vivono alcuni nostri connazionali, per lo più di centrodestra, l'informazione RAI sarebbe interamente occupata dalla Sinistra. Mica la Sinistra al pentothal di Veltroni ma quella di una volta, dura e pura, quella dei comunistacci.
In questa settimana si sono aggiunti alcuni interessanti tasselli alla infinita questione dell'informazione e della sua indipendenza ai quali dedico la riflessione del fine settimana.

In calce al V-Day ed all'editoriale in video del direttore Mazza (TG2) che insinuava come il grillo vaffanculante fosse un pericoloso terrorista o quasi, Fini è intervenuto manganellando il "suo" direttore e facendo come al solito la parte del primo della classe con il fioccone blu, quello che è meglio non esporsi e mangiare la merendina in punta di forchetta.
Povero direttore, lui che credeva di fare un favore al centrodestra, come al solito, dalla sua postazione di Fort Alamo assediata dai cosacchi.

Da cosa si capisce che il TG2 è di destra? Da come terrorizza il telespettatore con le orde di rumeni ladri e stupratori? No, in quello riesce meglio il mite descamisado Riotta, che ti terrorizza senza fartene accorgere, poi ti svegli nel mezzo della notte con gli occhi pallati e ti domandi perchè.
Il fiore all'occhiello di Mazza (AN) è forse il suo inviato da Londra Masotti (FI), quello che ci deliziò una volta con un servizio sul mantello per l'invisibilità, spacciato per veramente esistente e che montò lo scandalo passato alla storia come "al telespettatore non var sapere quanto è buono Cannavaro con le pere?"
No, quello dilaga anche sul TG1 e se non sono le pene dei reali - un poco demodè ultimamente, sono i cani della Regina e "i sudditi di Sua Maestà" come chiama regolamente i britannici. La parola suddito gli piace. L'Inghilterra dei volonterosi della guerra al terrorismo, secondo i reportages di Masotti, è un paese idilliaco, un Liechtenstein solo un po' più piovoso.

Il TG2 di Mazza insomma non è tanto diverso dal TG1 der Riotta ma chissà perchè il secondo che ho detto passa per assolutamente imparziale, una sorta di arbitro svizzero in un torneo di boccette.
Io sarò ipovedente ma mi pare che nonostante la glasnost (trasparenza) del nuovo look lookoso con le palle di vetro e la musichina da anticamera del dentista questo TG continui ad essere abbastanza indecente.

Che i TG facciano schifo è un'ovvietà, una cosa della quale ci rendiamo conto ogni giorno ostinandoci a guardare il telegiornale in attesa di qualche notizia.
Dicono che sono imparziali, si offendono, poi su quattro giornalisti che appaiono in video, due sono contro il governo e tirano la volata all'opposizione, cioè al governo precedente. Ad intervistare Prodi mandano Freddie Kruger e invece da Berlusconi mandano la dolce Petruni (FI) che si rivolge ogni volta a Silvio con un orgasmico "Presideeente!" Se fossero veramente indipendenti smetterebbero di parlare dei politici di qualunque colore e di fare i tifosi da curva.
Ogni sera, lo dicevamo prima, il superpartes Riotta ti terrorizza con i rumeni, gli zingari e le rapine in villa e, come succedeva negli anni 70, ogni sera sono casi sempre più efferati di stupro e violenze.

Loro, i fantagiornalisti moderni che hanno studiato in America (dove, non a caso, i TG sono più ansiogeni dei film di Eli Roth), sono convinti che a noi interessi il look, il mappamondone di vetro invece che di plastica, le notizie del cazzo sulle veline e i velisti, le nozze di Briatore e le emorroidi del generone in vacanza con il costume e la società di merda.
Come direbbe Grillo: vaffanculo!


giovedì 20 settembre 2007

Siamo grandi abbastanza per Arancia Meccanica?

C’è un appuntamento importante martedì prossimo 25 settembre alle 22,30 su La7. A trentacinque anni dalla sua uscita dovrebbe, spiegherò tra un attimo il perché del condizionale, andare in onda in tv per la prima volta in chiaro Arancia Meccanica, il capolavoro di Stanley Kubrick.

Dovrebbe perché sento già scaldare i motori dei vari MOIGE, delle associazioni per la difesa del delicato palato del telespettatore, dei bambini nottambuli, dei ggiovani che immediatamente dopo uscirebbero ad imitare le imprese di Alex e dei suoi drughi con tanto di bombetta e anfibi.
Scommetto quello che volete che, appena comperato e letto avidamente “Sorrisi e Canzoni” della prossima settimana, i casalinghi disperati urleranno che “Arancia Meccanica” va vietato perchè non è un film per il telespettatore medio italiano, cioè quello che ha visto mille volte in prima serata “Il giustiziere della notte”, concorrenti di reality-show mangiare insetti vivi per vincere soldi, litigare vecchie baldracche con giovani troiette sui divani dei bordelli intellettuali dell’informazione televisiva e centinaia di puntate su Cogne di Porta a Porta.
Se sono rimasti turbati dal satanismo patinato e dalle mascherine in perizoma di Eyes Wide Shut, immagino lo shock che proverebbero di fronte ai cazzi della signora dei gatti.

Quando uscì al cinema avevo dodici anni quindi non era proprio alla mia portata. Lo vidi per la prima volta dieci anni fa con la curiosità ed anche il pregiudizio che lo avevano sempre accompagnato. Malsano, pericoloso, un esempio di cinema che produce violenza per imitazione. Cazzate. E' un film fondamentale. Non facile, sgradevole ma necessario, come certe medicine.
La società è già abbastanza violenta di suo per farsi suggestionare dal cinema. Credete che le torture, gli stupri e gli omicidi efferati abbiano bisogno dell'input di un'opera artistica per essere perpetrati? Il film preferito di Jeffrey Dahmer, il cannibale seriale di Milwaukee era "Il ritorno dello Jedi", che guardava per caricarsi prima di una mangiatina. Un film che non credo sia bandito nemmeno dall'Opus Dei.

Arancia Meccanica prefigurava nel 1972 una società futura, quindi il nostro presente, grosso modo.
Non fa impressione constatare che qualche parola del gergo ideato da Anthony Burgess nel suo romanzo è diventato linguaggio quasi comune? Io la parola "carasciò" la sento ogni giorno al mercato. Per fortuna non sono drughi ma badanti russe.
La violenza è parte integrante della nostra società. Burgess e Kubrick l'hanno solo prevista in anticipo. L’ho già detto ma sono costretta a ripetermi, le immagini dei pestaggi del G8 di Genova sono peggio di Arancia Meccanica. Non sono finzione ma snuff-movie.

Spazziamo via un equivoco. Arancia Meccanica non è un film sulla violenza, anzi l’ultraviolenza, fine a se stessa. In Inghilterra credo sia tuttora proibita la sua proiezione e si può capire perchè. La violenza è funzionale a Burgess e a Kubrick per parlare del Potere.
Alex è un nichilista, un uomo libero anche se un criminale, è il cattivo selvaggio. Nel film precedente “2001 odissea nello spazio”, Kubrick chiudeva con l’immagine del bambino dello spazio dai grandi occhi. La prima immagine del film successivo sono gli occhi di Alex.
E’ tutta lì l’evoluzione umana? L’ultraviolenza delle scimmie antropomorfe che si uccidono a colpi di osso si lega con i bastoni dei drughi che si spezzano sulle schiene dei barboni facendoci pensare che non sia cambiato nulla? E’ un discorso pessimista, certo, ma estremamente realistico.

Chi manovra la violenza e la inquadra a proprio vantaggio è la politica. Sia il ministro degli interni che rieduca Alex che il suo oppositore che se ne vendica spingendolo al suicidio compiono una violenza non meno grave di quelle compiute dallo sciagurato ragazzo ma accettabili perchè istituzionali. Alla fine del film rimane l’amarezza di constatare che il Potere non può tollerare la libertà dell’individuo perché deve pilotarla e il bello non è che dalla rieducazione vengano fuori individui migliori, solo più alienati, impotenti di fronte alla violenza globale della società. E' pesante anche la suggestione che i drughi siano stati aggregati alle forze dell'ordine. Purchè sappiano far male non importa da dove vengono.
“I was cured alright”, sono guarito, dice Alex alla fine ma a che prezzo?

Andrà in onda veramente Arancia Meccanica? Leggo che vi sarà una trasmissione di preparazione di un'ora con vari intellettuali ed esperti (in rappresentanza del Potere) in attesa delle 22,30, un po' come quando si va in sala operatoria e ti devono fare tutte le anestesie del caso. Una volta il dibattito seguiva, adesso precede. Il dibattito preventivo.
Ripeteranno mille volte di mandare via i bambini e le persone impressionabili. Forse ci faranno passare la voglia di vederlo.
Finirà che un 20% di telespettatori capirà il film, il 40% cambierà canale perchè l'ha già visto su DVD o su Sky, un altro 20% non lo capirà e un 20% si addormenterà. Salvo censure, è ovvio. Molto carasciò.

martedì 18 settembre 2007

Prossima fermata Iran?


[…] il processo di trasformazione, anche se portera’ ad un cambiamento rivoluzionario, sara’ verosimilmente un processo lungo, senza un qualche evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbour. […] (“Rebuilding America’s Defenses", 2000, pag. 51)

"Mein Fuhrer! Io...cammino!" (Il dottor Stranamore)
L’argomento è già stato trattato in passato, sia da me che ed ancor meglio da Pressante e Kelebek ma penso sia sempre salutare rinfrescarci la memoria su cosa stia cucinando per noi per i prossimi mesi il PNAC (Project for a New American Century) .
Per intenderci, la cricca guerrafondaia di Bush, Cheney e compagni di merende che ora, dopo aver avuto la loro Nuova Pearl Harbour, aver dato una ripassatina all’Afghanistan e una bottarella all’Iraq con impiccagione di Saddam compresa nell’all-inclusive si appresta, prima di fare gli occhioni dolci alla Siria, a tirare un’altra riga sul nome Iran, un po’ come se il destino del mondo fosse come la lista della Sposa. L’Iran come Bill?
Torno sui progetti del PNAC, invitandovi a leggere gli articoli citati e, se non vi fa paura l’inglese, i documenti originali sul loro sito, perché è sempre più di moda negare a priori l’esistenza di complotti, macchinazioni e cabale nascoste. “Non c’è alcun complotto”, ci ripetono ad ogni ora facendoci benevolmente pat pat sulla testa.

Io invidio coloro che sono convinti che non vi siano personaggi potenti che progettano il loro bene a scapito di quello degli altri comuni mortali, magari barando pesantemente con le regole. La cosa mi dà fiducia nella bontà dell’uomo ma mi convince anche della sua colossale ingenuità (se veramente di ingenuità si tratta). Che tenerezza gli smontatori di fiducia della real casa imperiale come altissimo-purissimo-attivissimo che non trovano, ad esempio, nulla di anormale nello svolgersi dei fatti attorno all’11 settembre, che qualche pazzo identifica ovviamente nella famosa nuova Pearl Harbor, un evento catalizzatore capitato a fagiuolo proprio quando faceva più comodo.
Come invidio il loro sacro furore contro i complottisti, questi fottuti paranoici che vedono la longa manus delle lobbies, dei petrolieri, dei potentati economici dietro questa sorprendente concatenazione di coincidenze che è la storia dei primi anni del nuovo secolo.

Nel 1997 si costituisce il PNAC. Andatevi a vedere da chi è formato e anche se spesso ricorrerà la fratellanza con Israele scacciate subito il fantasma del complotto demoplutogiudaicomassonico, bastardi antisemiti! Si presentano come un think-tank, una specie di onlus che fa volontariato, nel senso che è disposta a portare la parola del dio Marte in giro per il mondo.
Nel 2000, dopo la discussa elezione di Bush alla presidenza, per alcuni addirittura fraudolenta, il suo staff viene occupato quasi per intero da nomi che fanno riferimento al PNAC, i famosi neocon. Una pura coincidenza.
Nel loro più celebre manifesto, il “Rebuilding American’s defenses” dello stesso anno annunciano che paesi come Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Libano e Iran sono una minaccia per l’umanità, un eufemismo per dire che stanno sui loro, di coglioni, per ragioni che solo loro sanno.
Un’altra di quelle coincidenze che sarebbe piaciuta da matti a Jung dice che i paesi canaglia sono tutti mediorientali, ad alto tasso petrolifero e pericolosamente vicini ad Israele. La Corea del Nord a quel punto sembra messa lì come distrattore, ma del resto un paese ancora comunista ci voleva e Cuba non andava più bene perché alla CIA porta sfiga.

E’ in quel famoso documento che troviamo la frase inquietante sulla nuova Pearl Harbor. Indovinate cosa pensano i complottisti della malora? Che l’11 settembre se lo sono fabbricato in casa, come le tagliatelle di nonna Pina. Non puoi invocare un evento catalizzatore che un ex socio te lo combina con appena una quindicina di kamikaze improvvisati in meno di un anno. Poca spesa, molta resa.

Non se n’è accorto nessuno ma la prossima fermata del PNAC sembra proprio l’Iran, un altro paese della famosa lista, nonostante la sconfitta evidente del Progetto sia in Afghanistan che in Iraq. La scaletta viene rispettata come alla televisione svizzera. Non pensate comunque che vi siano complotti in atto. I complotti non esistono.

lunedì 17 settembre 2007

Le rose che non colsi


Quando non si ha tempo per post impegnati o si è troppo stanchi, come stasera, ci si rifugia nel cazzeggio e nel disimpegno.
Con quei due o tre neuroni corticali che ancora rispondono ai comandi cerco di mettere insieme questo post al quale avevo pensato tempo fa.

Tutti noi possediamo diverse abilità delle quali andiamo fieri. Io ad esempio scrivo sulla tastiera con tutte le dieci dita, so stenografare (sapevo), ho un orecchio eccezionale e posso imitare qualunque voce. Sono sicura che tra di voi c'è almeno una persona che sa guidare con la "doppietta" (una cosa che mi fa impazzire) o sa guarnire una torta glassata come quelle delle fotografie, con la superficie perfettamente liscia.

Ecco, quello che sarei curiosa di sapere è cosa vi piacerebbe saper fare da dio ma non avete mai avuto né l'opportunità né il talento per diventarne esperti. Quelle cose che proprio vi fanno dire "cosa avrei dato per saper..."

La prima cosa che mi viene in mente nel mio caso è il ballo. Non la danza classica con il tutù e le scarpette con la punta, che mi hanno sempre fatto vomitare, ma il tango, la meravigliosa sensualità del vero tango argentino.

Secondo, nonostante i miei studi di pianoforte e anche se darei qualunque cosa per saper suonare il Concerto per pianoforte e orchestra n° 3 di Rachmaninov (e hai detto niente!!), la cosa che veramente rimpiango, musicalmente parlando, è di non saper suonare le percussioni, ad esempio come Carl Palmer. La batteria, nonostante sia un concentrato di stoviglie da sbattacchiare selvaggiamente, mi manda letteralmente giù di testa.

Terzo, sempre a causa del pianoforte (perchè "rovinava" il polso) da bambina mi è stato vietato il tennis. Sono intimamente convinta che il tennis abbia perduto la nuova Navratilova senza di me. E' triste pensare di invecchiare senza aver mai tirato un'ace, un serve and volley e un rovescio lungo-linea. Mi consolo guardando Federer e Nadal ma non è la stessa cosa.

Potrei anche dire che invidio coloro che imparano le poesie a memoria, che fanno roteare le pizze in aria, che ballano il tip-tap, che sanno fischiare con le due dita (che rabbia!), che vanno in bicicletta senza le mani sul manubrio, che girano la pasta nella padella come i cuochi con quel movimento di polso, che parlano il tedesco e leggono il giapponese. Ora basta però, che i due neuroni si stanno scocciando e vogliono andare a dormire.


Bisogna credere nei miracoli, o uomini e donne di poca fede. Quando ero già pronta a prepararmi psicologicamente ad un altro giorno senza rete o a base di fugaci navigazioni dall'ufficio, m'è tornata l'ADSL.
Dopo un'estenuante colloquio con Pasqualino della Telecom che tentava di convincermi che 48 ore possono dilatarsi fino a 96 senza che la teoria di Einstein possa fare un plissée e non ci ritroviamo in un paradosso spazio-temporale, che sia bastato accennare da parte mia ad una richiesta di rimborso per far accadere il miracolo?

Mah, che un guasto venga riparato alle ore 21,oo quando Pasqualino settebellezze mi ha giurato che dopo le 18,30 i tecnici non lavorano, che i reclami che giungono di sabato è come se arrivassero di lunedì ma la segnalazione in realtà parte il martedì e le quarantott'ore famose finiscono alle 23,59 di mercoledì, mi pare strano. Comunque mi sento come un assetato al quale abbiano appena offerto una bella birretta fresca fresca. Non credevo di essere così rete-dipendente, però!

giovedì 13 settembre 2007

Frattini e le bombe del sesso

E’ una notizia bomba che sicuramente farà esplodere delle polemiche.
Il commissario europeo per la sicurezza Frattini propone di impedire ricerche online come "bomba" o "terrorismo”.
In una intervista a ridosso dell’anniversario dell’11 settembre Frattini aveva detto: "Intendo portare avanti un esercizio di esplorazione con il settore privato su come sia possibile usare la tecnologia per evitare che la gente usi o cerchi parole pericolose come bomba, uccidere, genocidio o terrorismo".
Un capoccia di Google, facendo una fatica enorme a restare serio gli ha risposto picche, che non se ne parla a causa di quella bazzecola della libertà di espressione, poi è corso in un angolo a ridere tenendosi la pancia.

Queste sono le esplosive misure antiterrorismo che un ex ministro italiano ha pensato, dopo chissà dopo quante notti insonni al pensiero dei terroristi che invece di chattare, scaricare con il mulo e navigare come tutti in cerca di figa, cercano le istruzioni per fabbricare le bombe, altrimenti non sanno proprio come fare. Se non gli arriva l’innesco preso su Ebay con il "Compralo subito", niente attentato.
Chissà allora come avranno fatto negli anni settanta in Italia a farne esplodere tante di bombe, uccidendo tanti innocenti, quando non c’era Internet.

Suggerirei, visto che in Italia abbiamo un’emergenza finora più prioritaria del terrorismo, come Mafia e Camorra, di vietare anche le seguenti chiavi di ricerca: “pizzo, coppola, lupara e padrino”.

Visto poi che le chiavi più richieste su Google hanno a che fare con il sesso, che pena prevedere per colui o colei che dovesse digitare una roba tipo “BOMBA DEL SESSO”? Applichiamo le aggravanti?

Scusate, non ce la faccio più, vado a scoppiare dal ridere.

mercoledì 12 settembre 2007

Salutandovi indistintamente

Non ho aderito espressamente al Vaffanculo Day (pudicamente diventato Vaff-day in televisione). Ero in piazza l’altra sera quando raccoglievano le firme ma non ho firmato. Più che altro perché sono anarchicamente restìa a questo genere di cose ma anche per le stesse perplessità che ho letto nel bellissimo articolo di Gennaro Carotenuto che condivido assolutamente e che vi invito a leggere .
I guru mi spaventano ed esaltano la mia naturale diffidenza. Grillo ha ragione su tante cose ma che sia qualunquista nel senso classico del termine, è vero. D’altra parte, che la sinistra attuale per tante cose sia peggio della destra, sarà qualunquismo ma è altrettanto vero.

La reazione rabbiosa dei politici e politicanti al Vaffanculo Day però è qualcosa che indigna e che fa pensare che comunque questa iniziativa, oltre a rivolgere un doveroso saluto a chiappe scoperte al Potere, uno scopo importante l’ha raggiunto: dimostrare ancora una volta la pochezza e l’arroganza della nostra classe politica.

“Ce li hanno mandati” in 300mila e loro, per assonanza anatomica, hanno mostrato la loro faccia da culo senza pudore, con sconcia insolenza. Sprezzanti come antichi aristocratici dispensatori di brioches e sussiegosi come oligarchi riunti, con i loro servitori a mezzo stampa al guinzaglio che abbaiavano sbavando contro gli aderenti all’iniziativa, riparandosi vigliaccamente dietro il solito povero scudo umano Biagi*.
Il giorno dopo certi “ritratti” abbaiati di Grillo sembravano quelli che si dedicano di solito ai capi terroristi. Un pericoloso sovversivo, peggio dell’ Agnoletto dei tempi andati.

Si meravigliano? Se ci siamo ridotti al qualunquismo, di cui la componente grillesca è dopotutto la meno pericolosa, è solo colpa loro, della loro tracotanza e delle loro auto blu che sfrecciano a 180-200 in autostrada, come scrive Gennaro, perché loro possono e se ne fregano di sembrare arroganti anzi lo ostentano. Una classe politica feudale che si dice democratica ma che considera le elezioni una pura formalità, visto che ultimamente siamo andati alle urne a liste fatte. Metta una firmetta qui e non si preoccupi delle noticine a piè di pagina scritte in piccolo. Come le assicurazioni.

La cosa più triste di questa Italia in disperata ricerca di un’identità e di una classe dirigente onesta è che debba affidarsi ai guru, ai comici, ai masanielli mediatici. Perché io credo ancora che fare politica in maniera professionale sia la scelta migliore. Abbiamo visto cosa combinano i politici improvvisati, gli imprenditori scesi in campo.
Ci avete mai pensato che, mentre noi dobbiamo sostenere esami, concorsi ecc., il politico è sempre qualcuno che non deve dimostrare affatto ad alcuno (tanto meno a chi lo ha eletto) di saper fare il suo lavoro? Altrimenti perché metterebbero un ingegnere alla giustizia?

Amministrare bene può essere fatto da chiunque ma bisogna che chi vuole guidare una nazione studi per diventarne bravo amministratore. Una nazione non è un’azienda, non è un blog, non è un teatro, è un sistema complesso. Creiamo dei buoni amministratori, formiamoli guardandoci attorno in Europa e altrove. I partiti dovrebbero servire a questo a formare. Potrà diventare sindaco, ministro solo chi dimostrerà di saperlo fare conoscendo la materia che deve andare a trattare. I guru lasciamoli per quando dobbiamo divertirci.

***
A proposito di vaffanculo. Vorrei ricordare quello che pronunciò Salvador Allende rivolgendosi ai militari che gli offrivano un aereo e un salvacondotto quell’altro 11 settembre 1973, il giorno del golpe in Cile, mentre era assediato alla Moneda dagli uomini di Pinochet.
Allende rispose che lui sarebbe rimasto al suo posto fino all'ultimo e che quell’aereo sapevano dove avrebbero dovuto metterselo. Altri tempi e altra sinistra.

* Update - Torno ora da un incontro nella piazza di Faenza tra Marco Travaglio e i suoi lettori. Ha parlato anche del V-day. Sono arrivata a dibattito già iniziato ma ho potuto capire dal suo racconto che la storia dell'attacco a Marco Biagi, come riportato dai tg, non è mai esistito. Se lo sono inventato i soliti manipolatori di regime per sviare l'attenzione del pubblico dai veri motivi della manifestazione. Come ha detto Marco: "Hanno parlato, inventandoselo, dell'attacco a Biagi perchè altrimenti avrebbero dovuto parlare dei contenuti del V-day". Ormai siamo alla stampa confabulatoria.

martedì 11 settembre 2007

Le due anime dell'11 settembre

Questo post, che esce in contemporanea su MenteCritica, nasce da un dibattito tra me e dfc in occasione dell'anniversario della tragedia dell'11 settembre 2001.
Le posizioni che qui si confrontano rappresentano idealmente chi ritiene credibile la versione ufficiale, pur con qualche dubbio e chi invece, non ritenendola esaustiva, crede che bisogna ancora indagare per scoprire la verità, qualunque essa sia e per orribile ed inimmaginabile che possa essere. Desideriamo proporvi la discussione al fine di stimolare una vostra ulteriore riflessione sull'argomento.

Lameduck: Ricordo perfettamente quel martedì 11 settembre 2001. Ebbi le prime notizie dell'accaduto per radio, ero in ferie e le immagini in tv le vidi solo quella sera tardi.
Stranamente la mia prima impressione, sentendo la ricostruzione solo radiofonica dell'evento, fu di trovarmi di fronte a qualcosa tipo "La guerra dei mondi" di Orson Welles (ricordate, il celebre episodio?) e immediatamente dopo di pensare che si fosse trattato di un colpo di stato. C'era un qualcosa di tremendamente falso in tutto quello che ci stavano raccontando. Stavo tornando da Gubbio ad Assisi. Ad Assisi sapevano già nome e cognome degli attentatori, la sera stessa, ma dai!

Dfc: E' vero, anche a me è sembrato assurdo. In quel momento ho pensato che avessero già dei dati d'indagine che si sono correlati e resi evidenti a fronte dell'accaduto.
D'altra parte mi chiedo: perché chi crea un piano così complesso per fare certe cose poi è così goffo nell'indicare il colpevole? Non sarebbe stato più intelligente e hollywoodiano scatenare una caccia planetaria al colpevole con conseguente aumento del pathos e rivelazione in diretta tv un paio di settimane dopo?
Parlando da soldato la guardia era bassa e le braghe calate. Punto. L'intelligence raccoglie quantità incredibili di informazioni sulle quali operare inferenza è immensamente difficile. E' chiaro che di fronte al fatto compiuto è più semplice ricomporre il mosaico. Conclusione: i servizi segreti americani sono poco professionali e se è affidata a loro la tutela del mondo libero, meglio dire una preghiera ogni sera.

Lameduck: Erano mesi che i servizi di mezzo mondo li avevano avvertiti che qualcosa stava per accadere. Perché John O'Neill è stato fermato in ogni modo, come si evince dal mio articolo?
La CIA sarà incompetente ma quando si è trattato di organizzare golpe come quelli in Cile e Argentina mi pare si siano dimostrati più che efficienti.
Non so quanto e cosa tu abbia letto sull'argomento 11 settembre. Sarebbe proprio impossibile pensare che una cricca di persone che ha preso il potere negli Stati Uniti grazie anche ai brogli elettorali della Florida nel 2000, abbia potuto architettare questa cosa facendoci entrare anche un ex alleato della resistenza dei mujaheddin contro i Russi in Afghanistan, Osama Bin Laden, che magari prima di morire ha dato il suo beneplacito all'operazione? Lui ci avrebbe guadagnato in propaganda presso i suoi seguaci e gli americani avrebbero avuto la loro Pearl Harbor per iniziare la serie di guerre previste dal PNAC dei Neocon. E' già successo: esempi di attentati "false flag" vanno dall'attentato al Reichstag in Germania negli anni '30 all'incidente nel Golfo del Tonchino. Pearl Harbor, secondo alcuni storici, fu "lasciata accadere" affinché gli USA avessero un argomento da portare al loro popolo per entrare in guerra. History repeating.

Dfc: No hai ragione lame, non è impossibile. Ma non vedi quanto è complesso?
Per esperienza personale ti dico che il segreto è un concetto teorico. Una informazione è segreta quando non esiste. Mantenere il segreto su un'operazione di questa portata sarebbe stato un incubo. Fidati. In ogni caso non sarebbe stato possibile realizzarla senza l'appoggio di altri servizi quali quello israeliano e quello russo che hanno un'eccellente penetrazione negli ambienti coinvolti. Questo vuol dire mettersi alla mercé di uno che può sputtanarti e ricattarti senza preavviso. Quella che tu citi come verità storica, il lasciar accadere Pearl Harbour intendo, non lo è affatto. Ne abbiamo discusso molto ampiamente su MC, peccato che tu fossi in vacanza credo. Vortexmind ha espresso a riguardo un'opinione che io condivido senza riserve e che ti invito a leggere.
Da persona informata dei fatti ti dico che, dal punto di vista militare, inscenare la provocazione è una prassi consolidata e ampiamente utilizzata. Ha una definizione tecnica, nell'ambiente si chiama maskirovka. Inizialmente utilizzata dai sovietici come prassi per paventare forze inesistenti, si è lentamente trasformata in una prassi di disinformazione le cui regole sono studiate in tutte le scuole militari.
Sarebbe bastato denunciare un attacco proditorio ad un'unità navale. Con morti feriti e prigionieri. Orchestrare una campagna stampa, campo questo nel quale gli americani eccellono veramente e attendere che la macchina si mettesse in moto.

Lameduck: Mi riprometto di leggere l'articolo con più calma. Non esistono segreti? Sappiamo chi e perché ha ucciso Kennedy? Chi ha fatto le stragi in Italia e perché? Tu sai chi ha messo la bomba alla stazione di Bologna o chi ha tirato giù l'aereo di Ustica? Come dicevo nel precedente intervento, forse lo sappiamo benissimo ma chi l'ha fatto, solo perché detiene un Potere, non ci permetterà mai di dimostrarlo. Il segreto si autosostiene quando la struttura è omertosa. La mafia tradizionale, ad esempio, riesce benissimo a conservare i suoi segreti e così anche le varie mafie bancarie e armaiole. Lo sai benissimo cosa succede a chi parla in una struttura mafiosa e omertosa.
Comunque, ho notato in alcuni articoli che stanno uscendo in questi giorni che si stanno paragonando i contestatori della versione ufficiale ai negazionisti della Shoah. Se dovesse passare quest'idea capiresti anche tu che si instaurerebbe il tabu dell'11 settembre, intoccabile e indiscutibile a priori. Una catastrofe democratica.

Dfc: Si lo capirei addirittura io. Comunque non c'è rischio. Ritengo questo paragone storicamente e metodologicamente inaccettabile e destinato a sgonfiarsi.

Lameduck: Anch'io credo per formazione di avere una visione scientifica ma non tengo assolutamente chiusa la porta alle ipotesi che sembrano impossibili. Mi hanno insegnato che un evento può avere una probabilità bassissima di verificarsi ma che non è detto non si verifichi mai. Tirare fuori il rasoio di Occam, come si fa di solito, è mettersi i paraocchi, secondo me. La spiegazione più semplice sarà anche la più probabile ma non escludiamo l'imprevisto e la complessità.

Dfc: Corretto. La domanda da porsi però è sulle priorità. Su cosa vale la pena di attivarsi e di agitarsi? Su quello che sembra racchiudere un mistero o su quella che è palesemente un'ingiustizia?
Io non ho bisogno di sapere che dietro l'11 settembre c'è una volontà imperialista della classe politica americana. Lo so già e lo so da molto prima dell'11 settembre. La scomparsa dei pericolo rosso ha aperto la strada ad una conquista planetaria che è culturale ed economica molto prima che militare.
E' una cosa reale, tangibile e contro la quale attivarsi senza alcun dubbio. Perché chiedersi cosa ci sia dietro l'11 settembre. Gli americani stanno imponendo la loro visione del mondo all'intero pianeta a prescindere da eventuali complotti. L'aver subito l'attacco alle torri è una loro responsabilità politica, non una prova a discarico. La tensione del pianeta deriva dal non aver saputo gestire la vittoria nella guerra fredda. Altri 10 attentati a New York servirebbero solo per confortare questo mio pensiero.

Lameduck: E’ necessario sapere cosa c’è dietro l’11 settembre per sapere se per caso il popolo americano non abbia subìto un crimine contro l'umanità da parte del suo stesso governo. Non mi pare poco. Se mi dici che è improbabile che sia stato un "inside job", io ti rispondo, "e perché no?" Del resto secondo la versione ufficiale i terroristi devono aver pure pianificato il tutto. O pensi che siano andati là una mattina con dei taglierini, abbiano dirottato quattro aerei e abbiano giocato ai kamikaze? In quel caso, perdonami, perché nessun caccia si è alzato in volo per intercettare quattro aerei che avevano spento i trasponder e che è procedura standard intercettare obbligatoriamente? Perché il Norad dormiva? Perché proprio quel giorno un'esercitazione prevista sui dirottamenti aerei? Perché sono stupidi? A loro piacerebbe che lo pensassimo tutti.

Dfc: Lame, la preparazione militare americana è un mito alimentato e propagandato con straordinaria profusione di mezzi. Gli americani sono pessimi soldati. La loro preparazione è approssimativa ed accademica, non hanno tradizione di disciplina e sono incapaci di prendere decisioni non previste dalle procedure. Il segreto militare degli Stati Uniti è il dollaro e l'immensa capacità produttiva che gli consente di mettere in campo una quantità enorme di equipaggiamento. In qualsiasi teatro nel quale l'equipaggiamento e le dotazioni non giocassero un ruolo chiave, gli americani sono usciti sconfitti.
L'efficienza del sistema di difesa americana è una favola per allocchi. Gli Stati Uniti sono il paese dell'occidente dove è più facile scatenare un attacco a sorpresa. Non mi dilungo, ma prova a pensare all'estensione del territorio ed alla frequenza dei controlli che, in una società industriale evoluta, sono forzatamente blandi. "Gli americani so' forti" è solo una battuta di Sordi.

Lameduck: Su questo non ci piove, però un aereo che spegne il trasponder è un segnale inequivocabile, anche nella Repubblica di San Marino.
L'unico modo per opporsi al Potere che non vuole la verità fino in fondo è salvaguardare la libertà d'espressione. Accettando anche chi propugna tesi che a noi sembrano impossibili da accettare e senza sentirsi in colpa se lasciamo a costoro libertà di esprimersi. Siamo grandi e vaccinati per farci ognuno la propria opinione sui fatti del mondo.

Dfc: Non ho mai detto che non le accetto, ma mi sento libero di non condividerle. Ci mancherebbe altro che per garantire la libertà di espressione altrui io debba rinunciare al diritto di farmi un'opinione.

Lameduck: Dico solo che se coloro che contestano le versioni alternative sull'11 settembre hanno nella cartucciera solo Paolino (Attivissimo) e la versione americana di "Sistema Pratico", allora stanno messi proprio male.

lunedì 10 settembre 2007

Comandante in capo?

“In cotanta miseria, la patrizia prole che fa?”
(dall’Andrea Chénier di Umberto Giordano)
Per gli americani, il presidente è soprattutto un comandante in capo. Colui che in caso di allarme nazionale si precipita in prima linea e dai suoi uffici alla Casa Bianca, con assoluta abnegazione, tiene ben salde in mano le redini della nazione.
Nella mitologia presidenziale hollywoodiana, come viene rappresentata ad esempio nei film catastrofici, il presidente affronta coraggiosamente invasioni aliene, inondazioni, asteroidi, guerre proditorie e attacchi terroristici. Prende decisioni drammatiche con grande tormento interiore, come quando per rimediare all’accidentale distruzione atomica di Mosca decide di sacrificare New York in “A prova d’errore”. Questa figura di presidente comandante, padre, guida della nazione è ben salda nell’immaginario del popolo americano e per proprietà transitiva, anche nel nostro.

Facciamo un esercizio di immedesimazione, immaginiamo di essere noi il presidente, di essere avvertiti che il più grave attacco terroristico sul suolo americano stia avvenendo a New York, che aerei dirottati con i transponder spenti si stiano dirigendo, con il loro carico umano da sacrificare, contro obiettivi militari e civili. Noi stessi potremmo benissimo essere uno dei bersagli degli attentatori.
La prima cosa che vorremmo fare è raggiungere un luogo sicuro da dove coordinare l'emergenza, ordinare l’intercettamento e, se strettamente necessario, l’abbattimento degli aerei proiettile, soprintendere ai soccorsi alla città di New York già colpita, stringerci attorno al nostro popolo e rassicurarlo. Insomma, fare il presidente, cazzo!
Niente di tutto questo è accaduto in quel giorno assurdo che fu l’11 settembre 2001, quando tutte le leggi della logica e della fisica furono sconvolte.
Bush, come direbbe Corrado Guzzanti, se ne stette lì "feeermo, immobile", non si mosse.

Dov’era Bush quella mattina, a proposito? Era in visita nella Florida del fratellone Jeb, lo stato dei brogli dell’anno prima con tutti quegli elettori di colore cancellati arbitrariamente dalle liste. Luogo familiare e accogliente. Per quel giorno era in previsione la visita ad una scuola, la “Emma Booker Elementary School”. Il filmato che vi propongo, che è uno dei tanti che si trovano su YouTube, propone uno split-screen che mostra contemporaneamente ciò che accadeva nella ridente cittadina della Florida con Bush che leggeva (lo so, è una parola forte) assieme ai bimbi la storia della capretta e le prime immagini della immane tragedia di New York.

Ripercorriamo un po’ la cronologia di quella mattina dal punto di vista del nostro comandante in capo.
Bush si sveglia presto e va a fare jogging con gli uomini della sicurezza, ha un briefing alle 8:00, parla al telefono con la Rice, fa colazione e si attarda con alcuni VIP locali al golf.
Alle 8:46 il primo aereo impatta su una delle due torri gemelle. Alle 8:50 Bush, che sta andando alla Booker in auto, viene finalmente avvertito da Karl Rove dell’accaduto ma incredibilmente si decide di proseguire con la visita alla scuola. Ricordate sempre cosa avreste fatto voi invece nel frangente.
Alle 9:02 Bush entra nella scuola e siede, come si vede nel filmato, assieme ai bambini, come un ispettore scolastico di altri tempi. Finge di provare interesse ma il suo sguardo è sempre il solito della serie “che ci faccio qui”.
Ripeto, già sa che c’è stato un incidente o attacco terroristico che ha colpito il WTC, che ci sono sicuramente dei morti ma lui niente, con la sua bella faccia da poker sta lì seduto come se nulla fosse accaduto.

A New York intanto la tragedia sta prendendo forma. Giungono i primi soccorsi, alle 8:48 è iniziata l’evacuazione della torre colpita ma non disgraziatamente dell’altra, nonostante il WTC fosse già stato oggetto di un attentato terroristico in passato. Addirittura viene detto agli occupanti della torre ancora intatta, quella che però crollerà per prima, che possono tornare al loro lavoro. I pompieri cercano di raggiungere i piani colpiti per porre in salvo le persone rimaste intrappolate al di sopra dello squarcio. Le scale sono ancora agibili ma diversi testimoni, vigili del fuoco e uomini della sicurezza sentono dei boati, come delle esplosioni provenire dai piani interrati dell’edificio.

Alle 9:03 il secondo aereo colpisce l’altra torre. Ormai non ci sono più dubbi, non è un incidente ma un atto doloso, un attacco terroristico.
Andrew Card, due minuti dopo, entra nella classe della Booker School e sussurra qualcosa all’orecchio di Bush. E’ l’annuncio del secondo impatto sul WTC.
La faccia di Bush assume un’espressione finalmente preoccupata ma, come dire, anche da gatto con il sorcio in bocca.
Come Michael Moore nel suo film “Fahrenheit 911”, anche noi ci siamo chiesti cosa avrà pensato il comandante in capo in quel momento: “oddìo, allora non scherzavano”, “questo è di sicuro quel Bin Laden famoso”, “minchia, non mi faranno mica la pelle ora?”
La cosa sconvolgente però, più che la sua espressione da Gioconda terrorizzata è che rimane fermo sulla sedia e per altri interminabili sette minuti, mentre 3000 suoi connazionali hanno già la sorte segnata, non fa quello che noi, miseri mortali, avremmo fatto. Noi avremmo detto “scusate bambini, ma il vostro presidente deve tornare subito a casa per un impegno urgente”. Avremmo alzato il culo e ci saremmo fatti portare sul luogo più adatto ad affrontare l’emergenza.

Finalmente, alle 9:30, tre quarti d’ora dopo che il WTC è stato colpito, Bush fa un breve discorso e si decide ad andare a lavorare. Famosa la sua gaffe quando in serata dichiarerà “di avere visto il primo aereo impattare sul WTC e di avere pensato che quello era proprio un pilota scarso” mentre stava per entrare alla Booker. Peccato che le immagini del primo impatto non furono trasmesse ovviamente in diretta ma mostrate solo in serata.
Mentre è sull’Air Force One che lo scorrazzerà in giro per ore prima di riportarlo a Washington, mentre intanto crollano le torri, qualcosa si schianta sul Pentagono, vi sono altri morti, un aereo scompare in Pennsylvania e lui, bello come il sole, dice al suo staff: “Ehi ragazzi, sembra che siamo in guerra. Siamo pagati per questo, no?
Alle 18:30 l'aereo presidenziale atterra a Washington e alle 20:30 Bush parla ad una nazione sotto shock: “Immediatamente dopo il primo attacco, mi sono adoperato per mettere a punto i piani di risposta all’emergenza.
Alle 22:21 va a letto. Qualche mese dopo, durante un incontro in California, rievocando quel terribile giorno disse, testuali parole: “Comunque, fu un giorno interessante.

Forse il sempliciotto rampollo della famiglia Bush non avrebbe saputo fronteggiare una situazione così difficile, forse Dick Cheney ha preferito tenerlo su per aria per non averlo tra le palle o evitare che combinasse casini peggiori ma pensare che la più grande superpotenza, superarmata e in grado di dominare il mondo abbia un tale comandante in capo mette i brividi.

Noi avremmo fatto il presidente, avremmo lottato con il nostro popolo. George W. Bush quel giorno si è riposato.

sabato 8 settembre 2007

Le centurie di Nostralameduck

Pensavate che Osama Bin Laden fosse un idealista che propugna la guerra santa, il jihad, per una questione puramente religiosa e spirituale?
A leggere La Repubblica di questa mattina pare proprio di no.
Anche lui sarebbe mosso, in fondo, da vile materialismo.

Ve lo sareste mai aspettato un principe del terrore che parla come l'imprenditore del NordEst o il prestinaio di Pavia e che solidarizza con i tartassati come un Tremonti qualsiasi?
Con una proposta che lo rende più liberista di Friedman e Capezzone messi assieme, Osama dice che al fisco dovremmo pagare solo il 2,5%, una tassa simbolica come lo zakat islamico.
Certo, c’è un piccolo problema, dovremmo convertirci tutti all’Islam ma cosa vuoi che sia.

Berlusconi, pur di pagare solo il 2,5% di tasse imporrebbe il burka afghano su tutte le sue televisioni, dicendo che in fondo a lui quelle donne tutte scosciate e con il culo e le tette di fuori avevano sempre fatto senso, diciamo la verità. La Brambilla appenderebbe le autoreggenti al chiodo e si annuncerebbero tempi bui per Studio Aperto.

Con Bossi, Borghezio e Calderoli sarebbe forse un po’ più dura ma in fondo, per gente che ha chiamato “mafioso” Berlusconi per anni e ne è poi diventata il migliore alleato, sarebbe come bere un bicchiere d’acqua del Po.
Per amore del federalismo si può anche rivalutare il fondamentalismo islamico. La madrassa a Ponte di Legno potrebbe diventare realtà.

Non è stupefacente però che, a distanza di pochi giorni, l’uno Osama, e l’altro, lo statista di Gemonio, si siano ritrovati, entrambi dal cucuzzolo della montagna, a predicare la rivoluzione fiscale, con il paradosso che il più estremista dei due è parso l’Umberto con i suoi fucili spianati? E’ come un duello, ormai. Bossi con il fucile e Osama con la pistola, a chi le spara più grosse.

***
Ovviamente questo immondo pezzaccio di satira è ispirato dalla notizia della comparsa a balle unificate dell’ultimo video di Bin Laden, casualmente a ridosso dell’anniversario dell’11 settembre e riportata ad uso e consumo dei più ingenui boccaloni.
Tra una botta a Noam Chomsky e uno spottone post-elettorale per il castratore chimico Sarkozy, Osama fa un’altra apparizione nella sua Lourdes mediatica, rivitalizzandosi come eterno spauracchio di un Bush che ancora s’illude di catturarlo vivo.

Intanto continuo a chiedermelo: perché sul sito dell’FBI Osama Bin Laden, uno dei most wanted terrorists, non risulta ricercato per l’11 settembre ma solo per fatti precedenti? Dice che non ci sono prove. Lo dicevo io, quando l’uomo con il fucile incontra l’uomo con la pistola, l’uomo con la pistola è un uomo morto.

giovedì 6 settembre 2007

Santa Evita

Ho parlato di una donna e santa discussa, Madre Teresa e continuo, senza tema di polemiche, con un’altra donna, ancora più discussa, Evita, per la quale da anni giace in Vaticano la pratica di beatificazione.

Se facciamo una breve ricerca nella memoria, alla parola Evita ci possono venire in mente l’Argentina, Madonna, il fascista Peron, i descamisados, l’oro dei nazisti, le pellicce e i gioielli ma anche il non risparmiarsi per aiutare i poveri, la malattia e la morte tragica ad appena trentatre anni - gli anni di Cristo, per un cancro all’utero.

Ho letto l’anno scorso la biografia che ha dedicato ad Evita una scrittrice argentina, Alicia Dujovne. Leggendola sono rimasta intrigata, come la sua autrice, dalla camaleontica personalità di questa donna, il cui mistero rimarrà forse mai svelato, mummificato come i suoi resti mortali.
Angelo o demonio? Mostro di fascinazione al servizio del male o angelo vendicatore dell’ingiustizia sociale celato nei panni della puttana santa?
Ha usato Peron fino all’ultimo per i suoi scopi filantropici o è stata il più fenomenale strumento di marketing vivente che una dittatura abbia mai avuto? Credeva veramente che sarebbe stato possibile far cooperare capitale e lavoro o era solo un’illusa?
Era stata scolpita in un unico blocco di contraddizione. Femminista e paladina delle donne ma devota a Peron fino al fanatismo ed alla sottomissione. Anticomunista ma più concretamente vicina al popolo di tanti compagni. Difficile darne un giudizio definitivo positivo o negativo.
Era amata, idolatrata dal suo popolo come nessun’altra regina o donna politica al mondo, su questo non vi sono dubbi.

Eva Duarte era nata povera, bastarda nel modo peggiore perché figlia di un ricco che si era preso un’amante dal gradino più basso della società. Fece tutti i mestieri, compreso forse quello più antico del mondo, per risalire i gradini e giungere fino a quello più alto, quello di moglie del presidente, che nel Sudamerica di allora era un po’ come essere moglie di Dio. La sua mania per i gioielli e le pellicce derivavano sicuramente da un insanabile complesso di inferiorità che lei però curiosamente razionalizzava con il desiderio di essere bella ed attraente per i suoi descamisados, i suoi sostenitori.
Adornata e luccicante come una madonna pellegrina, moglie di un fascista che vendette interi pallets di passaporti falsi per portare in salvo in Argentina i peggiori criminali nazi-fascisti, eppure riusciva ad incantare anche gli operai con le sue tirate contro l’imperialismo e gli sfruttatori. Non andava tanto per il sottile, soprattutto con chi la criticava, con i militari maschilisti che la odiavano e soprattutto con gli oligarchi, i ricchi. Lei che era sempre stata trattata come una puttana e forse, racconta la Dujovne, anche stuprata da ragazzi dell’alta società quando era giovane, ebbe la sua rivincita diventando, per il suo popolo, più pura della Madonna.

Per Evita il fine giustificava i mezzi. Negli ultimi anni della sua vita, dopo il viaggio in Europa, divenuta protettrice dei diseredati a tempo pieno, lavora giorno e notte per raccogliere fondi da destinare ai poveri. Raccoglie vestiti, scarpe, assegna borse di studio, regala personalmente macchine per cucire, consegna assegni cospicui, con le mani sempre inanellate di diamanti. Sono la sua debolezza. Dimentica di mangiare perché deve sfamare il suo popolo e si consuma finché il suo fisico non la divora dall’interno.
La sua agonia ha l’aura del martirio. Non ha le stigmate, Evita, ma non sarebbero stonate sulle sue bianche mani.
E’ in questa parte della sua vita soprattutto che Evita si comporta come una santa. Della santa ha anche tutte le contraddizioni, quelle che la facevano civettare con uno dei peggiori assassini della storia, Ante Pavelic. Il fine giustifica i mezzi?

Si è parlato molto del viaggio che Evita fece in Europa nel 1947, dicevo. Si sa poco o nulla dei colloqui che ebbe con varie personalità, compreso l’ex re d’Italia in esilio, Umberto.
Quando venne in Italia la trattarono da puttana fascista e il Papa la congedò frettolosamente con un rosario e una benedizione. Si sa di certo che aprì alcuni conti a suo nome e a nome del fratello in Svizzera, oltre probabilmente a trasferire in conti sicuri i tesori dei nazisti transfughi in Argentina grazie all’O.D.E.S.S.A. e all’occhio accecato dal furore anticomunista di Vaticano e Stati Uniti.
Dopo la morte prematura di Evita, Juan Peron chiese di entrare in possesso dell’eredità della moglie ma si trovò di fronte ad un imprevisto contrattempo. La banca svizzera, per completare la pratica di successione, fece richiesta del certificato di nascita di Eva Duarte. Cosa che Peron non fu in grado di produrre.
Prima di morire Evita, ancora angustiata dal vecchio complesso di inferiorità e a causa di una tipica civetteria femminile, quella di nascondere l’età, aveva chiesto a Juan di distruggere ogni traccia dei documenti che si riferivano alla sua nascita. Peron pare non sia mai riuscito quindi ad entrare in possesso del tesoro di Evita. Dopo dopo il fratello di Eva moriva in circostanze misteriose.

Attorno ad Evita sono fiorite le leggende, anche le più curiose e macabre, come quelle attorno alla sua mummia perduta per molti anni in giro per il mondo.
Una leggenda vuole che lei riuscisse, con quello stratagemma della distruzione del certificato di nascita, a sottrarre i fondi per donarli in segreto in eredità ai suoi poveri.
Un’altra dice che il suo male fu causato da una capsula radioattiva nascosta nella sua poltrona da servizi segreti stranieri che volevano eliminarla a causa del suo antimperialismo.

Pur ammantato di leggenda, anche il ricordo di Evita, grazie al tempo che tutto guarisce, sta diventando sempre più flebile. Forse non sarà mai fatta santa, e non a causa delle sue idee politiche ma per il suo libertinaggio giovanile, l'unica cosa che le gerarchie vaticane non perdonano.
Anche se santa non lo era, ne fece comunque una bella imitazione. Forse la sua più grande interpretazione di attrice mancata.

mercoledì 5 settembre 2007

Una doverosa risposta alle critiche


Ezechiele 25:17 (esegesi Q.T.)
"Il cammino dell'uomo timorato e' minacciato da ogni parte dalle iniquita' degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carita' e della buona volonta' conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre perche' egli e' in verita' il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calera' sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno, su coloro che proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome e' quello del Signore quando faro' calare la mia vendetta sopra di te."
Il mio ultimo post mi ha confermato la verità assoluta di un noto detto popolare: “scherza coi fanti ma lascia stare i santi”.
Paradossalmente, di qualunque santo del passato si sono sempre accettate le critiche alle loro debolezze, pensiamo a S. Agostino e alla sua misoginia, alle mattane di alcune mistiche ai confini con la coprofagia, addirittura le sfuriate di Cristo contro mercanti e pedofili.
Quando il santo però è amplificato e sponsorizzato dai media, non ci sono santi, non si tocca. Francesco avrà potuto avere qualche dubbio, specialmente con Chiara ma non Madre Teresa.

Prima di terminare di preparare le valigie per l’Inferno, voglio segnalare altre fonti sull’argomento, visto che sono stata rimproverata di aver citato solo il sulfureo Hitchens (accusato da un mio critico di essere agente dell’opera di disinformazione ebraico-ortodossa americana ai danni della Chiesa Cattolica).
Traggo dalla pagina dedicata a Madre Teresa su Wikipedia:

Il dottor Aroup Chatterjee, l'autore di "Madre Teresa: il verdetto definitivo" (2003) [qui in versione integrale in inglese], ha sostenuto che l'immagine di Madre Teresa come aiuto ai poveri, agli ammalati ed ai morenti è fuorviante ed esagerato; il numero di persone aiutate dal più grande dei ricoveri non è nemmeno vicino alla grandezza che gli occidentali credono che abbia.
Chatterjee ha dichiarato che molte delle operazioni dell'Ordine non si impegnano assolutamente in alcuna attività di carità. I fondi sarebbero utilizzati per il lavoro missionario. Secondo quanto è stato da lui detto, nessuna delle strutture gestite dalle Missionarie della Carità in Papua Nuova Guinea ospita dei bisognosi; il loro unico compito è quello di convertire la popolazione al Cattolicesimo. Alcuni di coloro che difendono l'Ordine hanno controbattuto facendo notare che l'attività missionaria - dichiarata con il nome stesso dell'Ordine - è stata una parte basilare della vocazione di Madre Teresa. In una lettera aperta scritta a quest'ultima, Chatterjee ha chiesto delucidazioni in proposito. Chatterjee cita i Madre Teresa e le sue stime (57.000 persone aiutate in una sola struttura, 250.000 in un'altra, centinaia di persone soccorse ogni giorno in una terza) ed avanza dubbi in proposito. Secondo quanto scritto in un rapporto sulla Suora apparso sullo "Stern Magazine", l'associazione umanitaria protestante "Assemblea di Dio" serve ogni giorno 18.000 pasti nella città di Calcutta: molti di più di quelli serviti in tutte le strutture delle Missionarie della Carità messe insieme.
Benché abbia ammesso di essere stato responsabile del coinvolgimento di Christopher Hitchens in questa causa, Chatterhjee è critico nei suoi confronti per ciò che concerne quello che Hitchens chiama un "approccio alla vicenda volto al sensazionale" e al contempo si pente del già citato coinvolgimento in quanto il giornalista minerebbe lo scopo primo della causa in questione: far conoscere la verità.
Chatterjee inoltre pone in rilievo come non fosse concesso alle famiglie dei ricoverati nelle strutture dell'Ordine visitare i propri cari e come le Missionarie della Carità di Madre Teresa siano le uniche associazioni caritative, tra quelle presenti in India, a rifiutarsi di rilasciare un proprio rapporto finanziario.
Oltre a queste principali critiche, Madre Teresa se ne è guadagnate altre per aver fatto battezzare i malati, la maggior parte dei quali erano Indù o Musulmani, in punto di morte. Ciò veniva fatto senza alcun riguardo verso la loro religione. In un discorso pronunciato nella Scripps Clinic di San Diego, in California, nel gennaio 1992, disse: "È una cosa veramente bella... nessuno è spirato senza aver prima ricevuto lo speciale "biglietto per San Pietro", come lo chiamiamo noi. Chiamiamo il battesimo il "biglietto per San Pietro". Chiediamo alla persona: "Vuoi una benedizione che ti permetterà di avere la remissione dei tuoi peccati e ti permetterà di raggiungere Dio?" Non l'hanno mai rifiutata. Dal 1952, quando abbiamo iniziato, 29.000 persone sono morte in una struttura a Kalighat dopo aver ricevuto questa benedizione".
Nel 1991 il dottor Robin Fox, allora direttore della rivista scientifica medica "The Lancet", visitò la Home for Dying Destitute di Calcutta e definì disorganizzate le cure mediche che i pazienti ricevevano. Osservò che suore e volontari, alcuni dei quali non avevano nessuna conoscenza medica, dovevano prendere delle decisioni per la cura dei pazienti a causa della mancanza di medici nelle strutture. Il dottor Fox considerava Madre Teresa responsabile per le condizioni della struttura, ed osservò che, nell'organizzarla, non faceva distinzioni tra pazienti curabili ed incurabili; quanti potevano sopravvivere alle proprie sofferenze erano comunque ad un rischio sempre più alto di morte a causa di contrazione di infezioni e carenza di cure.
Fox riconobbe che il regime ospedaliero che aveva osservato includeva igiene, attenzione alle ferite e ai dolori dei pazienti e molta gentilezza nei loro confronti; notò però anche che la capacità delle missionarie di gestire il dolore era "fastidiosamente assente". Il prontuario medico della struttura che Fox ha visitato non aveva forti analgesici, cosa che, a suo parere, separava nettamente l'avvicinamento di Madre Teresa al ricovero stesso. Il dottore scrisse che gli aghi venivano puliti con semplice acqua calda, che li lasciava inadeguatamente sterilizzati e che, inoltre, la struttura non poneva in isolamento i pazienti malati di tubercolosi.
Molti altri rapporti hanno documentato delle disattenzioni nei confronti delle cure mediche nelle strutture dell'Ordine; le stesse opinioni sono state anche espresse da alcuni ex volontari che hanno prestato servizio per l'Ordine di Madre Teresa.

Riporto inoltre qui, perché lo trovo molto rappresentativo, non solo di Madre Teresa, per la verità, un brano tratto da Hitchens che ho già postato nei commenti al post precedente.

L’episodio si riferisce al dopo disastro di Bhopal in India nel 1984 quando, per l'incuria e la sociopatia della classica multinazionale, la Union Carbide, 2500 persone morirono ed altre decine di migliaia rimasero in seguito intossicate e invalide a causa delle esalazioni accidentali di un gas tossico, l'isocianato di metile, prodotto dalla fabbrica locale.
"Madre Teresa salì sul primo aereo per Bhopal. All'aeroporto, ricevuta da una folla inferocita di parenti delle vittime, fu sollecitata a dare un parere e un consiglio, cosa che fece prontamente. Sono in possesso di una videocassetta [scrive Hitchens] girata in quell'occasione. "Perdonate", disse, "perdonate".
Per quell’incidente doloso il responsabile maggiore, il signor Warren Anderson, CEO della Union Carbide:
“Ritiratosi in pensione nel 1986, il 1 febbraio 1992 fu dichiarato contumace dalla Magistratura Indiana di Bhopal, in quanto, come imputato, non si presentò mai davanti alla corte che lo accusò di omicidio. La richiesta di arresto fu inviata al Governatore dell'India e venne inoltrata una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti. Tuttavia la domanda di estradizione non si materializzò mai”.
Perdonato. Anche qui c’è un bel libro da leggere: “Mezzanotte e cinque a Bhopal” di Dominique Lapierre e Javier Moro.

Detto ciò, io penso che Madre Teresa fosse magari veramente convinta di fare del bene.
Poi, se non riusciva a capire cosa potesse provare una donna bosniaca violentata da un manipolo di soldati, umiliata e sconciata dalle loro risatacce e lasciata per giunta incinta di un figlio, concepito nel modo peggiore che possa capitare ad una donna, preferendole una questione di principio, in fondo cosa poteva farci?

Update - Un articolo interessante, per i santommasi: "I caveau di Madre Teresa".

martedì 4 settembre 2007

In missione per conto del dio denaro

DIGLI DI SMETTERE DI BACIARMI!
Psicodramma Grottesco – ATTO UNICO

LE PERSONE DEL DRAMMA:
Madre Teresa
Povero malato di cancro terminale

La scena:
Una stanza spoglia tranne pochi miseri giacigli a terra, ma pulita, a Calcutta.
Poche comparse, uomini e bambini, distesi sulla nuda terra o sui giacigli, chi immobile, chi contorcendosi e lamentandosi.
Entra MADRE TERESA e prende la mano del POVERO MALATO, che rantola in preda ad atroci sofferenze

MADRE TERESA (in piedi, guardando il pubblico): stai soffrendo come Cristo sulla croce, sicuramente è Gesù che ti sta baciando.

POVERO MALATO: allora, per favore, digli di smettere di baciarmi!

Fine del dramma
Tratto dal libro pluricensurato di Christopher Hitchens "La Posizione della Missionaria" (1997).

Nel decimo anniversario della morte della prima "instant blessed" della storia della Chiesa, mentre Monsignor Romero sta ancora aspettando uno straccio di beatificazione dopo venticinque anni nonostante il martirio sull'altare, non si trova un misero secondo miracolo che porterebbe Madre Teresa alla promozione nella serie A dei santi ed è un guaio, perchè uno solo non basta.

Morta quasi all'unisono con la sua grande amica e wannabe santa Lady Diana, Madre Teresa di Calcutta, della quale oggi si rievocano solo i tormenti e i dubbi di credente, secondo alcuni non fu affatto una santa, o quanto meno, se raccolse milioni di dollari in offerte non li impiegò per migliorare le condizioni dei disgraziati che aveva in carico, visto che essi continuavano a cercare di non affogare nell'onda lunga di merda nella quale vivevano.
Questo mentre lei girava il mondo, rimaneva affascinata e affascinava a sua volta i potenti. Andava d'accordissimo con i grandi reazionari della shock economy prima maniera come Thatcher e Reagan ma non le faceva schifo nemmeno frequentare veri e propri dittatori impresentabili come quel Duvalier jr., aka Baby Doc di Haiti che ben ci ha raccontato il film "The Agronomist", o il feroce Menghistu in Etiopia, per citare solo alcune delle "relazioni pericolose" della beata.

Il libro di Hitchens è il più forte atto d'accusa contro questa missionaria e un getto di vetriolo in faccia all'ipocrisia della Chiesa.

Dalla recensione sul sito della casa editrice Minimum Fax:

"La Posizione della Missionaria descrive e documenta i seguenti fatti:
1) Madre Teresa ha accettato somme miliardarie dai tanti ingenuoni e marpioni, di ogni paese, che pensavano così di alleviare le pene dei più miseri e anche i propri sensi di colpa per la provenienza illecita del denaro. Non ha mai restituito un soldo delle somme donatele da truffatori condannati;
2) Non ha mai voluto usare questi soldi per migliorare le condizioni di vita dei degenti nei suoi centri, ha sempre professato infatti un disprezzo per le cose materiali, che però pagavano i poveracci in termini di disagio. Non ha neanche mai voluto investire i soldi per creare efficienti strutture ospedaliere e per acquistare moderni strumenti di diagnosi o cura;
3) Conseguentemente la suora e i suoi centri accoglienza non hanno mai curato nessuno. Per Madre Teresa di Calcutta la sofferenza (altrui) era un dono divino e pertanto riteneva di dover assistere, più che combattere, il trapasso dei suoi sventurati ospiti. Uomini, donne e bambini sono stati lasciati nell’incuria, (ma lei se li è curati i suoi malanni, ed in cliniche di lusso!)e segretamente battezzati in punto di morte;
4) Direi che è scontato menzionare il suo rifiuto bigotto della modernità, la sua assoluta contrarietà ad aborto, (storico l’appello alle donne violentate di Bosnia a tenere i figli della violenza subita). Ma anche qui con possibili eccezioni "pro domo sua": Condanna del divorzio, ma approvazione espressa di quello del’"amica" Diana; contraccezione come sacrilegio, ma sodalizio con l’Indira Gandhi delle sterilizzazioni forzate delle donne indiane".
Padre Pio almeno fece costruire un ospedale a San Giovanni Rotondo, lei invece preferiva tenere i suoi lebbrosi accatastati per terra perché la sofferenza era per lei un dono di Dio. Cosa ne facesse allora dei miliardi raccolti è un mistero che mi piacerebbe scoprire, assieme al senso che può avere una santità del genere: preservare la povertà come un valore invece di battersi per eliminare la peggiore piaga che affligge l'umanità.

In una delle ultime lettere, recentemente pubblicate, la suora scriveva: "Cerco Cristo ma non lo trovo".
Càpita, a guardare solo i soldi.

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